Cari amici viaggiatori,
oggi per la rubrica “Turismo e Turismi” resto nella mia comfort zone perché vi parlo di turismo enogastronomico.
I più attenti tra di voi sapranno che ho dedicato a questo argomento la mia tesi di laurea magistrale e che ancora oggi continuo a studiare il fenomeno.
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Questa tipologia di turismo sta prendendo talmente piede che mi viene quasi di chiedermi e di chiedere anche voi, VIAGGIAMO PER FAME?
Stando alle statistiche, la risposta è sicuramente Sì, ma non solo.
Il turista gastronomico sceglie una destinazione perché è attratto dalle sue tradizioni culinarie e dai processi di produzione dei piatti tipici e, a seguire, ne apprezza anche gli aspetti storico-artistici e culturali.
Secondo il Primo Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano 2018, curato dalla Prof.ssa Roberta Garibaldi ( che ho avuto l’onore di conoscere a Bergamo l’anno scorso nel corso di un convegno su questo tema), dall’Università di Bergamo e dalla World Food Travel Association, il 63% dei turisti sceglie una destinazione per la sua componente gastronomica, amano cenare in ristoranti tipici, e acquistare street food da food truck in giro per le grandi città.
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Il turista enogastronomico è di alto profilo, con una buona capacità di spesa, è molto esigente e si lascia conquistare dalle strutture che mostrano di avere sensibilità per i temi ambientali.
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La mia Puglia è terza in ordine di preferenza, dopo Toscana e Sicilia, nella scelta dei turisti enogastronomici.
Come dar loro torto: con oltre 350 prodotti tipici, molti di questi insigniti di riconoscimenti importanti, 12 Strade del Vino e dell’Olio, un’ottima produzione vitivinicola e piatti conosciuti in tutto il mondo.
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Basti pensare al panzerotto, che ha conquistato anche New York grazie all’impresa di “Panzerotti Bites“, locale di street food pugliese di Vittoria Lattanzio e Pasquale De Ruvo a Brooklyn.
Insomma, negli ultimi anni la scelta di una meta pare essere proprio una questione di pancia.
Eppure non è così. Il cibo è cultura, è racconto del territorio, è storia. Scegliere un posto per i suoi sapori vuol dire sentire il desiderio di conoscerlo a pieno, e di vivere il luogo come lo vivono gli abitanti.
Il cibo parla di noi e noi italiani parliamo di cibo in continuazione, ma a noi piace così, questo ci fa stare bene.
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Per ogni tipologia di turismo che conosceremo nelle prossime settimane, è bene valutare anche l’impatto economico che potrebbero avere sul nostro territorio.
Indubbiamente la Regione Puglia fa benissimo a puntare sulla sua tradizione gastronomica, ma bisogna fare attenzione.
Il mondo adesso va più veloce, ciò che può sembrarci di moda oggi, domani potrebbe non esserlo più. Occorre quindi programmare e rinnovarsi in continuazione.
Le sagre, i festival culinari, gli itinerari gastronomici che tanto spopolano nei nostri paesi devono avere l’ardore di cambiare, puntare all’innovazione e alla scelta di professionisti seri che sappiano come vendere un territorio.
Bisogna anche guardare al mondo dei Social: Instagram può farci capire quali sono i piatti e le esperienze che attirano di più i turisti.
Non mi dite che non avete mai fatto una foto ad un piatto. Non ci crede nessuno :D.
Formazione e innovazione i due punti di forza anche in questa tipologia di turismo. Facciamo in modo che il cibo sia una narrazione e che parli di passato, di presente e di futuro.
A presto
La Rondine
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P.s. Se vi ho fatto venir fame, vuol dire che questo articolo è riuscito benissimo